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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza dei Massimi (R. VI – Parione) (vi convergono: via della Posta Vecchia, via di San Giuseppe Colasanzio)

 

La piazza prende il nome dalle case dei Massimo, che diconsi discendenti da Fabio il Cunctator, (hanno sullo stemma il motto: "cunctando restituit"[1]). I palazzi erano tre: "palazzo di Pietro" o "delle Colonne"[2]; "palazzo d'Angelo" o "di Pirro (da una statua che era invece Marte Ciprio, oggi in Campidoglio)"; e "il palazzo istoriato", che era, ed è, nella piazzetta dei Massimi, mentre gli altri due hanno la parte prospettica per il Corso Vittorio. Questi ultimi, che furono incendiati durante il sacco del 1527, ebbero la loro ricostruzione [3] da Baldassarre Peruzzi (1481-1537) per incarico di Pietro, che si era salvato nel palazzo Colonna, ospite di Isabella Gonzaga.

Quello istoriato [4] fu fatto dipingere da Domenico Massimo, in occasione del matrimonio  del  suo  secondogenito  Angelo  con  Antonina  Planca  degli Incoronati.
Fu dipinto a graffito da Daniele Ricciarelli (+ 1566) e si dice che vi abbia lavorato anche Polidoro da Caravaggio (+ 1543) [5].

Pietro Massimo,  con l’opera di Corrado Schweinheim e Adolfo Pannartz [6], stabilì, nel 1440, una tipografia, la prima di Roma e la seconda d'Italia, nelle sue case, e vi stampò "De civitate Dei" di Sant’Agostino.
Tutte le edizioni portavano la firma: "in dono Petride Maximis".
Furono così stampati a Roma i primi libri editi nel mondo, seguì Subiaco (1467), fuori della Germania. (Alla  fine  di  quel  secolo altri due stampatori s'erano stabiliti in Parione [7])

Il palazzo d’Angelo Massimi dalla parte del Corso Vittorio è più semplice, si dice,  sia stato disegnato, dopo il sacco, dal Buonarroti.

Nel palazzo di Pietro alle Colonne, nel secondo piano, si vede una camera ridotta a cappella [8] (aperta ogni anno nella ricorrenza del miracolo - 16 marzo) dedicata a S. Filippo Neri, in memoria del miracolo da lui operato "il dì 16 marzo 1584 nella persona di Paolo Massimi, col farlo risuscitare da morte a vita".

Alla fine di quel secolo i quattro fratelli Massimo uccidono la matrigna, la mattina dopo il suo ingresso nella casa. Marco Antonio fu decapitato il 16 gennaio 1599, perché a questo delitto aggiunse l’avvelenamento del fratello, per restare padrone del patrimonio.

Sui Massimi [9] si racconta questo episodio: il 20 settembre del 1809, Napoleone, urtato dall’atteggiamento dei principi Massimo, Altieri, Patrizi, Barberini e Rospigliosi, che non volevano piegarsi alla sua corte, li fece arrestare e poi tradurre a Parigi insieme al perugino, conte Baglioni, che aveva rifiutato di far parte della delegazione, che avrebbe dovuto portare l’omaggio dell’Italia all’imperatore dei Francesi. Sotto la sorveglianza di Fouché, rimasero in arresto a Parigi fino all’aprile del 1810. Ma, degli arrestati, solo il principe Massimo riuscì a vedere il Bonaparte, che,  ricevendolo, gli disse con insolenza: "On dit monsieur, que vous descendez de Fabius Maximus. Cela n’est pas vrai!" E Massimo, pronto: "Je ne saurais en effet le prouver. C'est un bruit qui ne court que depuis douze cents ans dans ma famille".

Alla fine del XIX e al principio del XX, il principe Massimo andava per Roma col "cab" (taxi) londinese. I Massimo hanno nella corte pontificia la carica di Sopraintendenti Generali delle Poste, ereditaria.

“L'Odeum Domiziani”, costruito dall’imperatore, che del triplice "certamen quinquennale Capitolium", da lui istituito: (“musicum, equestre, gymnicum”), volle qui celebrato il primo [10].
Tanto a Roma quanto nel suo "Albanum" soleva poi ogni anno celebrare le feste dette “Quinquatria Minervae", elargendo munifici premi ai vincitori dei ludi.

Nonostante, nel V secolo, sia stato ancora ricordato come uno dei "septem mira precipua" dell’Urbe, ed i "Cataloghi Regionari" gli assegnino una capacità di circa 10.600 posti, ed il "Curiosum" 11.510, pure dell’Odeum non è certa l’ubicazione.

Se l’Hülsen ed altri credono abbia formato con le sue rovine il Monte Giordano, il Lanciani, con largo seguito, lo colloca sotto il palazzo Massimi alle Colonne dove, ad oriente di esso, è stata rimessa in luce una platea di travertino, con le tracce di un colonnato e di un muro di fondo a linee spezzate. Forse la scena del teatro, orientata dal Nord al Sud. Altri frammenti architettonici di un edificio ricurvo vi furono anche scoperti nel 1747.

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[1]            Il motto deriva dal Virgiliano: “Unus qui cunctando restituit rem”. Il più antico documento funebre dei Massimo, è la lapide di Leone (1012) a S. Alessio (Aventino).

[2] )            Dove sorse il palazzo “alle colonne” s’elevò prima una torre di Pietro delli Cosciari (XIVsec.).

[3] )            La ricostruzione iniziò nel 1532.

[4] )            Il palazzo istoriato, nella piazzetta dei Massimi, fu restaurato nel 1877.

[5] )            Dice il Vasari, parlando dell’uso d’istoriare le facciate delle case: “Si rappresentano tutte le spezie de' sacrifici antichi, come si costumavano, e da che s'imbarca d'armi, lavorate con tanta grazia e condotte con tanta pratica, che rappresentano i modi antichi, l'effigie dei savi e belle femmine; perché vi sono uno esercito e che combatte, con variatissima foggia di strumenti e l'occhio si smarrisce nella copia di tante belle invenzioni".

[6] )            Tipografia  in  Roma  -  Pietro  e  Francesco  Massimo  erano  figli  del  giureconsulto Massimo, governatore di Roma, dopo la fuga di Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447). Nel palazzo quattrocentesco, sulla piazzetta dei Massimi, un’epigrafe ricorda l’ospitalità data ai due tipografi.
Per  quanto riguarda la prima stamperia, sembra accertato che ebbe sede in uno dei tanti immobili posseduti dalla celebre famiglia, sul lato opposto della via Papale, sino a Campo dei Fiori, le opere uscite dai torchi portavano anche la dicitura: "Petrus cum frate Francisco de Maximus ambo…aptam contribuire domum".

[7] )            Si tratta di Giovanni Basicken e Marcello Silber, detto Frank. Gli scrivani che erano alle dipendenze dei librai, erano detti scrittori, quando avevano una certa cultura. Udalrichus Gallus stampò il primo libro italiano illustrato il 31 dicembre 1467.

[8] )            La camera del miracolo si trova all’ultimo piano del palazzo istoriato, lato piazza dei Massimi. La camera non ha più nulla della sua sistemazione al tempo di San Filippo Neri (1515-1595), infatti, nel 1717 don Pietro Massimo, canonico di San Pietro, la fece ornare in stile dell’epoca e, intorno al 1879, don Massimiliano Massimo (1849-1911) le aggiunse delle colonne.
Le lapidi nella cappella ricordano le visite di numerosi papi: Clemente XI, Benedetto XIII, Leone XII; Gregorio XVI che la dichiarò chiesa «domestica»; Pio IX nella sua visita del 16 marzo 1847 concesse la celebrazione della messa «propria» del miracolo nel giorno dell’anniversario

[9] )            In prossimità delle loro case doveva sorgere la fortezza di Oddone di Buonfiglio, della quale non si ha altra notizia.

[10] )         Tanto a Roma quanto nel suo “Albanum” soleva ogni anno celebrare le feste dette “Quinquatria Minervae”€, elargendo munifici premi ai vincitori dei ludi.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Piazza de´ Massimi

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